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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Piazza Chiesa Nuova (R. VI – Parione) (vi convergono: via dei Filippini, via della Chiesa Nuova, via Coppi, via dei Cartari, vicolo Cellini, è attraversata a sud da Corso Vittorio Emanuele II)

La chiesa di S. Maria in Vallicella (VI sec.),  cambiò il nome in “Chiesa Nova” quando fu completamente ricostruita, dal 1575 al 1605. La piazza assunse il nuovo appellativo della chiesa e si chiamò, da allora, “Piazza della Chiesa Nuova”.

La località era anche chiamata “Pozzo bianco”, da una cisterna esistente nella vicina Piazza Sora, ma, fin dal XIV sec., fu detta esclusivamente Vallicella.

La  chiesa  medioevale,  di  cui  è  ricordo  fin  dal  XII sec., fu,  da  Gregorio XIII (Ugo Boncompagni - 1572-1585), data a S. Filippo Neri (1515-1595) [1], ed il vescovo Angelo Cesi  (1530-1606) con il fratello cardinale Pierdonato Cesi (1522-1586) gli dettero i mezzi per fabbricarne una nuova.
La prima pietra fu posta dal cardinale Alessandro de’ Medici (poi Leone XI, per 27 giorni) nel 1575.
La chiesa fu consacrata il 26 maggio 1604 e la tribuna il 22 maggio 1660, affrescata da Pietro da Cortona (1596-1667).

L’attributo Vallicella (piccola valle), che avevano la piazza e la chiesa primitiva, derivava forse da quella depressione del terreno che esisteva in questo punto dei prati Flaminii, e che si estendeva fino a verso S. Andrea della Valle.

Secondo il Famiano Nardini (1600-1661) [2], con lo scolo delle acque del Pincio e del Quirinale, (zona poi occupata in parte dagli “Horti Sallustiani”), la “Vallicella” si era trasformata in palude [3], detta  “palus Caprae[4] ed era quella dove si pensava fosse sparito Romolo (Livio lib. I, 16) [5].

La palude era molto estesa: "La lunghezza, da Santa Andrea (della Valle) alle Terme di Nerone, o dirsi voglia a Sant'Eustachio, stendevasi a palmi 1100; la larghezza non era minore di 800, prendendola per linea retta, che passa al lato occidentale di Santa Chiara, e tutta la circonferenza 3000 incirca".

Fu più tardi che prese forma lo “Stagnum Agrippae[6], attraversato dall’“Euripus”, nel quale (secondo Tacito) Nerone e Tigellino, sopra un padiglione galleggiante, che aveva per rematori "fioriti giovani per età e maestria", svolgevano le loro orge [7].

Si è creduto che il nome al Rione, Parione o Parietone, sia stato dato da una grande parete, "paries", trovata negli scavi di fondazione della chiesa nova, e sulla quale fu alzata tutta la parte sinistra della chiesa, ma non è così.
Infatti, attribuire l’origine del nome del Rione alla “paries” o riferirsi al nome degli “apparitores” (mandatari o cursori della curia), abitanti del Rione, è per lo meno azzardato giacché nell’850 si diceva già “...in qua sunt parietina distructa quae vocatur Parrioni”.

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[1] )           Nel 1575, Gregorio XIII (Ugo Boncompagni – 1572-1585) approvava la formazione della “Congregazione dell’Oratorio”, che Filippo Neri (1515-1595) aveva riunito intorno a sé, composta da una comunità di sacerdoti secolari che avevano eletto vita comune senza voti.
La storia di questa Congregazione risale al 1552, con i voti sacerdotali (1551) e l’arrivo di Filippo Neri nella comunità ecclesiastica legata alla chiesa di San Girolamo della Carità in via Monterone (vedi via Monserrato – Regola). La comunità primitiva dell’“Oratorio”, nome preso dal luogo delle iniziali riunioni, si era formata, lungo il ventennio di vita laicale del Santo nell’Urbe (1534-1552), dove aveva creato una rete di amicizie e di estimatori, anche altolocati, attirati dall’esempio di vita e dalla sua personalità, nella pratica delle attività caritative presso gli ospedali di Roma.
La comunità, che era composta da laici e da ecclesiastici, univa agli esercizi spirituali, presso l’Oratorio, le attività caritatevoli presso gli ospedali e le carceri, distinguendosi in “Oratorio secolare” per i laici ed “Oratorio canonico” per i sacerdoti. Nel 1588, l’“Ordine degli Oratoriani”, chiamati “Filippini” dal nome del loro fondatore, si trasferì definitivamente nella nuova chiesa di Santa Maria in Vallicella.

[2] )           Vedi: “Roma Antica, di Famiano Nardini - 1665”.

[3] )           La palude era attraversata dall’“Euripus” che era un canale scavato per raccogliere le acque provenienti dal Pincio e dal Quirinale, le quali avevano appunto formato la “palus Caprae”. Per le sue dimensioni e la sua posizione, si pensa che lo stagno di Agrippa occupasse una piccola parte della “Palus Caprae”. Agrippa, per dare maggiore varietà ai suoi giardini, aveva creato uno stagno, arginando una parte della palude, controllandone il livello lasciando defluire le acque provenienti dai colli Pinciano e Quirinale attraverso l’Euripus. Nello stagno di Agrippa, il livello era mantenuto costante da una diramazione della Vergine che v’immetteva circa 700 quinarie e da un emissario, l’Euripus, che si scaricava nel Tevere. Circa la sua vastità si può tener presente quel che dice Tacito (annali XV, 37) e che cioè Tigellino, prefetto del pretorio sotto Nerone, vi fabbricò una zattera cui sovrappose un grande convivio, mentre altre navi la trascinavano per il lago. Lungo il canale di scarico, (l’Euripus di Ovidio e di Seneca) su banchine situate lungo i bordi, solevano radunarsi poeti e filosofi.  (“Amnis Pretoria” - Studi Romani 1957, vol. V).

[4]               L’origine del nome forse dalle mandrie pascolanti nei dintorni, riparantesi dal sole nei vicini “luci”, consacrati poi a Marte (lucus Mavortianus), a Minerva e alla Vittoria.

[5]               Via della Seggiola confinava, dalla parte di tramontana, con la "palus Caprae”; dove secondo Lucio Mauro "fu Romolo rapito o morto, fu nel campo Martio et era un luogo sicurissimo, perché vi allaga il Tevere d’ogni intorno, intanto che solo da una parte ci si poteva andare" (Lucio Mauro, “Le Antichità della città di Roma” - 1562).

[6] )             Tra i corsi confluenti nell’Euripus, la “Pretoria Amnis" (acqua sallustiana) originata da un gruppo di acque che affluivano tra le insenature dei monti di Pincio e Quirinale, diveniva un vero fiume presso l’attuale piazza Sallustio e per San Nicola da Tolentino, piazza Barberini, Tritone, S. Silvestro giungeva al Campo Marzio (presso il palazzo di Montecitorio) e qui, prima della sistemazione di Agrippa, ristagnava in una bassura, formando la "Palus Caprae". Dopo la bonifica agrippiana dell’ “ager Capralis” l’acqua Sallustiana fu immessa nell’ “Euripus” e, ricevuta l’Amnis Pretoria, si gettava nel Tevere.

[7] )            (Tacito, libro XV, ann. 62-65d.C.- XXXVII) “Di questi conviti il più celebre per fasto e per fama fu quello imbandito da Tigellino, e che io riferirò come esempio, per non stare a raccontare troppo spesso le folli prodigalità. Costruì, dunque sul lago di Agrippa una zattera, sulla quale stava in banchetto, e che era posta in movimento da altre navi che traevano la zattera a rimorchio. Vi erano navi con fregi d’avorio e d’oro, che avevano per rematori degli amasi (giovinetti effemminati) posti in ordine a seconda dell’età e dell’esperienza nelle libidinose dissolutezze. Tigellino aveva fatto venire uccelli e fiere da remote terre ed animali marini fin dal più lontano oceano. Sulle banchine del lago stavano lupanari affollati di donne della nobiltà, mentre dalla parte opposta si scorgevano sgualdrine che offrivano lo spettacolo delle loro nudità. Già si coglievano gesti e movimenti osceni del corpo; quando poi scesero le tenebre, tutti i boschi intorno e le case circostanti risuonarono di canti e scintillarono di luci. Nerone, contaminato da ogni sozzura al di là del lecito e dell’illecito, sembrò non avere risparmiato alcuna scelleratezza per  dare  di sé esempio  della  massima  corruzione,  quando  pochi  giorni  dopo  giunse  a celebrare...”    

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Lapidi, Edicole e Chiese :

- Piazza della Chiesa Nuova
- Chiesa di Santa Maria in Vallicella - Interno
- Chiesa di Santa Maria in Vallicella - Lapidi
- Via della Chiesa Nuova
- Arco della Chiesa Nuova

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